Per voi cucinare è qualcosa di più del semplice soddisfacimento di un bisogno fisico? Avete la passione per i fornelli e vi piace preparare piatti e cibi ricercati? Allora probabilmente vi sarà anche passato per la testa di trasformare questo hobby in una professione… o almeno in qualcosa di remunerativo. Certo aprire un ristorante non è una passeggiata e nemmeno qualcosa alla portata di tutti. C’è però un’altra opzione, meno impegnativa ma che può regalare soddisfazioni: un ristorante in casa. Se l’idea vi è passata per la mente, in questa pagina cerchiamo di capire che cosa serve per aprire un home restaurant.
Home restaurant: come funziona
Come si può intuire dal nome si tratta di un’attività che attiene all’universo della ristorazione ma che, invece di svolgersi in un locale, viene organizzata tra le mura di un appartamento privato. Le sue radici affondano nella tradizione di alcune culture – si pensi alle case particular molto diffuse a Cuba – per poi estendersi al resto del mondo, Italia compresa. La straordinaria diffusione dei social network ha indubbiamente contribuito al successo degli home restaurant, perché per il “padrone di casa” è semplice coinvolgere i clienti sfruttando pagine ad hoc su Facebook o Instagram.
Un ristorante di questo tipo, infatti, vede la luce proprio per il desiderio da parte di un cuoco in erba di aprire la propria casa a sconosciuti e fare degustare loro, a fronte del pagamento di una certa cifra, le proprie specialità culinarie. In questo modo si combinano il piacere del buon cibo con la voglia di socialità e di fare nuove conoscenze. Ovviamente se il padrone di casa è in grado di proporre cibi particolari, cucinati con attrezzature ristorazione e serviti con massima attenzione per l’impiattamento, le possibilità che il suo home restaurant faccia sempre il “tutto esaurito” saranno di più.
Come aprire un home restaurant
Ok, una volta inquadrato di cosa stiamo parlando, concentriamo la nostra attenzione sugli step necessari per dare vita a un home restaurant. Cominciamo col dire che, allo stato attuale, in Italia non esiste una normativa specifica che regoli questo genere di attività che, al momento e con tutto il beneficio del dubbio, viene regolamentata dalla risoluzione del Ministero che, almeno sulla carta, equipara i ristoranti in casa a quelli tradizionali, obbligandoli a sottostare a una serie di autorizzazioni in termini di somministrazione e vendita al pubblico di cibi e bevande.
Ribadiamo però che non esiste una normativa ad hoc e, anzi, di recente il Garante della Concorrenza ha bocciato una proposta di legge volta a limitare fortemente l’attività degli home restaurant. Sebbene il codice non abbia ancora inquadrato questa categoria, sul tavolo c’è una nuova proposta, che attende il via libera dal Senato e che delinea i limiti dei ristoranti a domicilio e di cui è bene tenere conto perché potrebbe essere tramutata in legge nei mesi a venire. Eccone le linee principali:
• 5.000 euro massimi di fatturato annuo, un limite che non potrà essere superato perché, nel caso, trasformerebbe l’attività da occasionale a un vero e proprio lavoro.
• 500 coperti annui (il che, tenendo conto del succitato fatturato sembra una scelta volta a limitare le presenze di invitati a 3-4 a cena).
• Prenotazione e pagamento online, in modo che ogni transazione sia tracciata, con tutto quel che ne consegue in termini di tassazione.
• HACCP, ovvero l’ottenimento di questa certificazione. L’acronimo sta per Hazard Analysis and Critical Control Points e si riferisce a una serie di procedure tese a garantire la salubrità di cibi e bevande somministrate nonché alla conoscenza, in questo caso da parte del cuoco, delle normative igienico sanitarie nel trattamento degli alimenti. Questo significa che, chi volesse aprire un home restaurant, dovrebbe seguire corsi di formazione e di aggiornamento per ottenere l’HACCP, con conseguente esborso economico di svariate centinaia di euro.
• Sottoscrizione di un’assicurazione contro i rischi derivanti dallo svolgimento dell’attività nonché per eventuali danni causati dagli ospiti. Anche questa, dunque, sarebbe una spesa di cui tenere conto per valutare l’esborso iniziale.
Sociale o turistico
Una volta definite quelle che sono le spese da sostenere, entriamo nel merito della tipologia di ristorante a domicilio. Sostanzialmente si possono individuare due diverse categorie di home restaurant: social eating o tourist eating. Nel primo caso, rientrano nella definizione tutte quelle cene organizzate non solamente per degustare il cibo ma anche per fare nuove amicizie. Nel secondo caso, invece, la cena è l’occasione per permettere agli avventori di assaggiare i piatti della tradizione italiana o regionale.
È altresì importante stabilire se organizzare eventi “una tantum” oppure se prevedere la possibilità di fare sottoscrivere ai propri ospiti una sorta di abbonamento che dia garanzia di prendere parte a un certo numero di cene nel corso dell’anno. Queste sono tutte decisioni che si possono anche prendere “in corso d’opera”, valutando il successo delle prime serate e anche il proprio feeling rispetto all’apertura della propria casa e della propria “cucina” a degli sconosciuti.
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